Innanzitutto, cosa richiede il quesito referendario? Di ritornare alla situazione precedente al 31 dicembre 2015, a Legge di Stabilità 2016 non ancora in vigore, che prevedeva la fine delle attività estrattive delle piattaforme entro le 12 miglia nautiche alla scadenza della concessione, e non all'esaurimento del giacimento.
Attualmente, la legge non consente che entro le 12 miglia marine siano rilasciate nuove concessioni, ma non impedisce, invece, che nell’ambito delle concessioni già rilasciate, dove previsto, siano installate nuove piattaforme e perforati nuovi pozzi, come nel caso della piattaforma VegaB nel canale di Sicilia. Se vince il Si il titolo andrà a scadenza nel 2022 e la piattaforma sarà fermata, se vince il No molto probabilmente sarà realizzato anche questo secondo impianto nell’ambito della concessione esistente.
Ma quale impatto avrebbe il Sì sull'occupazione e sull'indipendenza energetica del nostro Paese? Secondo i dati dell'Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) gli occupati nelle piattaforme oggetto del referendum sono tremila e, peraltro, delle concessioni interessate dal Referendum una scade tra due anni, altre cinque tra cinque anni, le altre tra dieci o vent'anni, abbondantemente in tempo per riallocare risorse e competenze, magari all'interno di una Strategia Energetica Nazionale (SEN) seria e coerente, a differenza di quella sdoganata nel 2013 e parzialmente non applicata.
L'autosufficienza energetica si può avere grazie a una SEN razionale, capace di andare oltre al 2020 e di investire sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica. Si potrebbe abbassare notevolmente la bolletta energetica del nostro Paese se si decidesse di cambiare decisamente strategia, come stanno facendo del resto molti Paesi europei, in primis la Germania.
E che dire dell'accusa di "minoranza ideologizzata" a chi sostiene il Sì al Referendum da parte del recente intervento di Berrettoni da queste pagine? Poche parole bastano: se fosse minoranza, basterebbe non appellarsi all'astensione, ma mandare tutti al voto. Del resto si dimentica che i proponenti sono stati nove Consigli regionali, quando ne sarebbero bastati solo cinque, secondo la Costituzione.
Se votare Sì è un atto di rispetto per il nostro mare, andare a votare rimane un nostro diritto civico che va fatto valere.
Santo Grammatico – Presidente Legambiente Liguria