Il Parco di Montemarcello – Magra – Vara, nato nel 1996 dalla fusione tra il Parco Fluviale della Magra e il Parco di Montemarcello, è un unicum nel panorama della Regione Liguria.
Nel 1982 era stato preceduto dall'istituzione del Parco Fluviale della Magra, nato per bloccare le escavazioni che avevano distrutto l’habitat fluviale e anche il sistema idrogeologico facendo risalire il cuneo salino di 8 km in superficie e di 14 km a livello di falda. Questo era stato l’unico risultato di quel vecchio Parco, visto che il Consorzio di Comuni che lo governava era stato dai Comuni stessi di fatto paralizzato (a dimostrazione che i Comuni non sono adatti ad un certo tipo di tutela ambientale). La Regione addirittura nel 1988 dovette avocare a se il Piano di Parco, poi emanato nel 1989 ma mai applicato dal Consorzio.
Il Parco è ricco di specie a rischio di estinzione, come le tre specie di Lampreda, di mare, di fiume e di ruscello, e molti sono gli ecosistemi e le specie riconosciuti come protetti dall’Unione Europea. I fiumi sono la principale area umida della Liguria servendo come luogo di svernamento e riproduzione di numerose specie avifaunistiche riconosciute come protette dalla Direttiva habitat; il Promontorio di Montemarcello è a sua volta ricco di endemismi, vegetali e animali. Tale ricchezza si esplicita quindi in termini di enorme biodiversità, valore riconosciuto come fondamentale per la tutela del territorio.
Insomma, il Parco ha i sui problemi, ma è l’unico Ente che ha interesse, forza e competenza per agire allo scopo di migliorare l’habitat, già oggi pregiato, ma minacciato dalle residue forme di attività nocive: i frantoi degli inerti, che come avvoltoi insistono sul fiume nella speranza un giorno di poter ritornare a estrarre in un luogo che ancora risente dei guasti del periodo 1954 – 1982; la nautica da diporto, attività che ha diritto d’asilo sotto la Linea di Navigabilità, ma che andrebbe riorganizzata con trasferimenti e revisione della flotta; le discariche ante 1982 da bonificare.
Il Parco poi è l’unico Ente in grado di garantire per sua vocazione e competenza uno sviluppo
ecosostenibile al proprio territorio; i vincoli altro non sono che il binario su cui può correre lo
sviluppo ecosostenibile. Se fino ad oggi lo ha fatto solo in parte è fondamentalmente per mancanza di risorse, non per colpa propria.
Già oggi il Parco è la meta di numerosi turisti italiani, internazionali e di chi pratica attività outdoor nel tempo libero: pesca, canoa, trekking, birdwatching, snorkeling. Queste pratiche, con le opportune misure di salvaguardia, sono possibili nel pieno rispetto dell'ambiente e delle comunità locali ed è una forma di fruizione correlata allo sviluppo di un turismo sostenibile che il Parco potrà certamente potenziare.
Una volta liberati gli spazi occupati dai frantoi che rompono il continuum ecologico delle rive, si
potranno recuperare spazi alla naturalità, quindi invogliare ulteriormente la presenza di avifauna e potenziare la vegetazione e vedere così, attraverso una adeguata progettazione, la reintroduzione della Farnia, ormai scomparsa da decenni dalle aree perifluviali.
L'enorme criticità ambientale portata al territorio del Parco dai suddetti frantoi è evidente e
continua ad essere fuorviante la continua minaccia collegata alla perdita dei (pochi) posti di lavoro ventilata dalle Associazioni di categoria. La soluzione che Legambiente ha già più volte proposto non riguarda la loro definitiva chiusura ma lo spostamento in aree esistenti al di fuori dei confini del Parco, possibilità ampiamente dimostrata anche dal Comune di Sarzana.
Ritornando ai vantaggi dell'esistenza del Parco e quindi alla insensata proposta della sua chiusura: esso è un polmone non solo verde, ma rappresenta luogo di fruizione, svago e luogo didattico per i cittadini residenti e, come già sottolineato, un attrattore turistico. Il territorio protetto ed il suo Ente Parco sono l’unico volano efficiente per tutte le Comunità della Val di Magra e della Val di Vara, svolgendo quel ruolo di Coordinamento che la Provincia non era capace di svolgere nel merito per mancanza di competenze. Minacciare di chiuderlo non solo è ingiusto ma un vero e proprio non sense che la storia consegna già oggi a mera velleità.