Nelle settimane immediatamente successive all'incidente di Andora si è molto parlato di dissesto idrogeologico e di come la cementificazione selvaggia ne sia una delle cause principali.
Noi ambientalisti siamo stati coinvolti in interviste e dibattiti televisivi nei quali tutti, geologi, sindaci, assessori regionali, addirittura costruttori, sembravano concordi nel riconoscere che in passato si sono compiuti molti errori, che si è costruito troppo, in modo non corretto e nei posti sbagliati, e che la priorità era mettere in sicurezza il territorio e, soprattutto, evitare di ripetere in futuro gli errori del passato.
Ora che la ferrovia Genova Ventimiglia è stata riaperta, e la stagione delle piogge sta per finire, temiamo che si ripeta il solito schema: i riflettori sul dissesto idrogeologico si spegneranno e la corsa al cemento riprenderà come sempre, fino al prossimo inverno e alle prossime piogge.
É già successo in passato, dopo i disastri della Val di Magra, delle Cinque Terre e di Genova, tanto per citarne qualcuno, sta di nuovo succedendo: non solo con le grandi speculazioni edilizie che proseguono imperterrite il proprio iter (progetti Piaggio - Ex-Cave Ghigliazza di Finale Ligure ad esempio), ma anche con i tanti piccoli interventi distribuiti su un territorio sempre più fragile.
Un esempio emblematico può essere quello di un intervento di un privato nel Comune di Vezzi Portio, che ha recentemente ottenuto il permesso a costruire un insieme di fabbricati in località Berea. Gli abitanti della zona si sono subito allarmati perché il versante su cui si vuole costruire è instabile e ricco di sorgenti carsiche. Hanno quindi chiesto al Comune una verifica approfondita prima della concessione del permesso e, in assenza di una risposta tranquillizzante, hanno privatamente commissionato lo studio di un Geologo.
Questo studio conferma l'instabilità della zona e segnala come l'intervento autorizzato dal Comune possa modificare i percorsi delle acque sotterranee con due possibili conseguenze. Da un lato un danno alle sorgenti ed ai pozzi utilizzati dagli agricoltori dell'area. Ma c'è di peggio: “la modificazione delle attuali vie naturali di deflusso potrebbe avere effetto sulla stabilità delle porzioni di versante inferiori in termine di variazioni dell'attuale equilibrio idrogeologico”.
In sostanza i nuovi edifici, oltre a danneggiare le fonti e i pozzi, potrebbero rimettere in moto un fronte franoso verso il torrente Sciusa.
Per giungere a queste conclusioni il professionista si è avvalso anche degli studi eseguiti dai tecnici regionali “sul rischio idrogeologico a corredo dei Piani di Bacino dei torrenti liguri”.Questi studi hanno rilevato e registrato nella “Carta della Franosità Reale nel Bacino del Torrente Sciusa” due frane attive, ben note ai residenti e ubicate a breve distanza dai terreni interessati all'intervento edilizio. Come è stato possibile ignorare questi dati così importanti?
Quanti casi analoghi esistono sul territorio ligure? Quante altre volte quelle stesse istituzioni che durante le emergenze si dichiarano intenzionate a non commettere gli errori del passato, ignoreranno gli avvertimenti che arrivano dal territorio? A cosa servono gli studi dei Piani di Bacino se poi non li si utilizzano per imporre cautela là dove serve?
Sergio Uras
Presidente Circolo Arene Candide
LEGAMBIENTE Finale Ligure